John William Waterhouse, Echo and Narcissus, 1903.

Walter Quattrociocchi, Direttore del Laboratory of Data and Complexity presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia definisce le stanze dell’eco come «Uno spazio definito sul web nel quale le idee scambiate, essenzialmente, si confermano le une con le altre. Per esempio, può essere uno spazio di persone che hanno la stessa mentalità e che si scambiano idee politiche simili, oppure una pagina su una teoria cospirazionista. Una volta entrati in questi spazi, gli utenti scambiano informazioni molto simili, in pratica facendosi eco l’un l’altro». Questo meccanismo è alimentato anche dagli algoritmi dei social che, personalizzando le esperienze di navigazione, filtrano le informazioni incompatibili con le nostre preferenze, valori e attitudini, e creano bolle di contenuti in linea con i nostri gusti.

Christopher Seneca in un articolo pubblicato su Wired nel 2020 offre alcuni consigli per “ingannare” i meccanismi che creano le stanze dell’eco consolidando così la propria digital literacy, ed Eleonora Tosco per il Centro regionale di Documentazione per la Promozione della Salute – Regione Piemonte (Dors) offre un’analisi sull’argomento.